Lo zero (0) – dice Wikipedia – è il numero che precede uno e gli altri interi positivi e segue i numeri negativi.
Zero significa anche: niente, nullo, vuoto. Il numerale o cifra zero si usa nei sistemi di numerazione posizionali, quelli cioè in cui il valore di una cifra dipende dalla sua posizione. La cifra zero è usata per saltare una posizione e dare il valore appropriato alle cifre che la precedono o la seguono.
Lo zero – e questo lo aggiungo io – esercita un fascino oscuro nella cultura umana, per lo meno in quella occidentale (che è quella che conosco meglio). È accettato, oltre che abitudine, fissare traguardi a cifre cosiddette “tonde”, che poi guarda caso finiscono con zero (che è un tondo preso in morsa). Possono essere 100 gol per un calciatore, 1.000.000 di dischi venduti per un cantante, 10 post per un blogger scostante e privo di idee (e con questo doppierei la meta, se solo me la fossi posta), e così via.
Ad esempio, perché quel calciatore festeggia di più il centesimo gol che il centododicesimo? Perché quel cantante dice di avere venduto un milione di dischi anche se i dischi sono un milione e ottantuno? Può un blogger accogliere con guaudio e tripudio il suo tredicesimo post fregandosene spassionatamente del decimo?
Lo zero fa prepotentemente parte dei punti fermi della nostra cultura. La causa dev’essere il fascino perverso di dare valore a qualcosa che valore non ne ha.
(Se xe cusita, al prosimo asegno che me faxì xonteghe un fia de xeri, tanto no i val ninte)
Post scriptum e post rilectum: Mi sono accorto di aver usato inconsciamente, nell’aggiungere numeri ai fantomatici traguardi, multipli di tre: 12, 81, e il 3 stesso.
Mumble mumble…