L’ennesima sconfitta.
E stamattina alle 5.30. Come al solito mi sono svegliato perché mi scappava la pipì… e dopo no son pi sta bon a indormensarme. Mascio ‘e chel can!!!
Non tutto il male vien per nuocere, comunque. Durante l’attesa spasmodica per la sveglia a sancire definitivamente la sconfitta ho pensato a uno dei termini veneti più simpatici e ironici: el pisaroto.
L’orribile vocabolo italiano che cerca di identificare l’oggetto rappresentato qui sopra è di derivazione francese (e quindi frocia): i francesi infatti chiamavano anticamente Robin gli orribili mascheroni raffigurati nelle fontane. Da qui "robinet" e quindi l’italiano "rubinetto".
Niente di più lontano dal romanticismo boaro veneto. Perché al boaro veneto, detta sinceramente, poco gliene frega delle fontane francesi. "Rubineto?! Cosa xea sta roba qua?!", ha ben donde di chiedersi un veneto.
Per i veneti l’oggetto in questione si chiama "pisaroto" (la s si pronuncia [s] consonante fricativa sorda alveolare, cioè dura e sibilante come in "sambeo"), parola che richiama la poetica immagine di un oggetto-che-piscia. Impossibile poi non raffigurarsi il nostro boaro pisare intel luame col so pisaroto ‘nte na man e coa vanga o la forca ‘nte l’altra man.
E poi la trasposizione, grezza ma diretta ed essenziale, dalla cultura fin lì accumulata alle innovazioni tecnologiche: ecco un oggetto che piscia a comando, proprio come l’organo del nostro boaro. Elora ciamemolo pisaroto!
Tutto sommato non c’è bisogno di ricorrere a frociade francesi per dare il nome a un oggetto virile come il rubinetto.