Mist

21 dicembre, quasi il giorno più corto dell’anno. E ad accompagnarmi nel viaggio verso l’ufficio questa mattina nemmeno le fascinose luci dell’alba, quando il rosa si mescola con l’azzurro – femminile e maschile – e si confonde con le nuvole. Oggi una nebbia quasi mistica – mist, in inglese – avvolge il paesaggio extraurbano e un dì ancora in fasce, li penetra con discrezione, li trasporta nella leggerezza di gocce sospese fondendo la natura con l’artificio umano in una pennellata romantica. Oggetti luminosi privi di poesia, addirittura brutti in se stessi – l’insegna del supermercato o di un benzinaio, il semaforo all’incrocio della zona industriale… -, quando avvolti dalla mistica foschia del mattino risplendono gentili e armoniosi, sfumano tingendo l’aria dei loro stessi colori come se anche loro possedessero un’aura che solo questa nebbiolina mi permette di scorgere. Ogni luce artificiale sfuma e s’amplifica nel paesaggio mistico del mattino, nel cielo ancora scuro, si fa bella senza esserlo, fa bello l’uomo che l’ha posta lì senza gloria e che ora può contemplarla con mistica gratitudine, splende come un piccolo sole freddo nell’attesa che quello vero rischiari la bellezza di ogni altra cosa.