Football vs Football

E rieccomi tornato, non solo sul blog, ma anche tornato geograficamente in patria dopo una permanenza di tre mesi negli States.
Come di solito si fa di ritorno da un’importante esperienza di vita, è l’ora di tirare le somme. So già che molte persone mi faranno la solita domanda che alcuni hanno già cominciato a fare: “Meglio qui o lì?”
Voglio perciò fare un annuncio ufficiale rivolto a tutti quelli che hanno intenzione di farmi questa domanda tendenziosa e razzista: Potete trovare la risposta a questa domanda qui di seguito, quindi è inutile farmela ugualmente.

La risposta alla domanda in questione è questa: Non ci sono posti o popoli migliori o peggiori. Come in qualsiasi altra parte del mondo, ci sono lati positivi e negativi. Gli americani sono oggettivamente migliori di noi per alcune cose, oggettivamente peggiori di noi per altre, e semplicemente diversi nella maggioranza degli aspetti, che dipendono dai gusti e dalle abitudini di ognuno.
(Per noi intendo, eccezionalmente in questo post, gli abitanti della penisola italica circoscritta a nord dalle Alpi)

USA BATTE ITALIA

1. Il prezzo dell’iPhone è decisamente più basso in America.
2. Il prezzo della benzina è imparagonabile: a New Orleans costa all’incirca 0,60 euro al litro. Praticamente un terzo di quanto – mi giungono cattive notizie al riguardo dall’Italia – è arrivata a costare la benzina alla fine del 2011 da noi. È vero, la qualità è inferiore, ma non basta a giustificare la differenza di prezzo.
3. Sono più bravi di noi a fare la guerra (il che spiega il punto 2). E te accorgi subito: mentre in Italia l’evento sportivo più importante è la partita di calcio Nazionale Cantanti contro Nazionale Piloti, negli US sono Esercito contro Marina a disputare l’atteso match di football, a dimostrare quanto gli americani siano affezionati ai loro soldati.
4. Apprendono molto in fretta, con la velocità di un neonato. Infatti, come un neonato non sa niente e quindi assimila in fretta le informazioni, così anche gli americani, non sapendo niente e pertanto avendo tanto spazio nel cervello, non hanno difficoltà a stoccare nuove informazioni. Per esempio hanno imparato molto rapidamente che:

– l’italiano esiste, ed è anche una lingua, oltre che una cucina (di recente un uomo mi ha confidato quanto sia stato eccitante apprendere che esiste una lingua chiamata “italiano”);
– in Veneto parliamo due lingue, e nessuna delle due è l’inglese;
– lo spagnolo si chiama così perché proviene dalla Spagna, e non dal Messico;
– Cristoforo Colombo era italiano, non spagnolo;
– Amerigo Vespucci era italiano;
– il mio nome è troppo difficile da pronunciare.

Le loro capacità di apprendimento mi hanno entusiasmato, lo devo ammettere. Insegnare queste cose a menti così reattive dà una soddisfazione particolare. Un po’ come insegnare alla Normale di Pisa.
5. Hanno un particolare talento nel produrre rifiuti e nell’inquinare. Infatti usano mediamente una borsa di plastica per ogni articolo acquistato al supermercato – e naturalmente stiamo parlando di borse di plastica, non quel “materbio” che va di moda ora in Italia – tengono accesa la macchina senza alcun motivo – vabbè che la benzina costa poco… – e per non rimanere senza comprano un sacco di cose in più di quelle di cui hanno bisogno, per poi ovviamente buttarle.
6. Apprezzano il mio stile nel vestire.

ITALIA BATTE USA

Mi viene in mente che noi abbiamo la Venezia originale (ma è in Veneto) mentre loro una squallida imitazione. Scrivere altro sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.

DE GUSTIBUS NON DISPUTANDUM EST

1. Gli americani hanno badilate di nomi. Innanzitutto sono minimo due a testa. Io ai miei figli darò almeno tre nomi (io stesso ne ho tre), quindi questa cosa di avere tanti nomi in America mi piace. Però può anche non piacere. Ma ancora di più mi piace il fatto che in America i nomi si possano inventare. In realtà basta inventare una combinazione di suoni che risulti piacevole ai genitori et voilà, un nuovo nome è coniato! OK, forse è più difficile ricordarsi un nome o azzeccarne la pronuncia corretta, ma almeno non si è costretti a usare il solito, consunto, range di nomi.
2. Una cosa che io invece non capisco degli americani è il loro rapporto con la birra. Non ritengo il mio pensiero superiore a loro, è diverso e accetto questa diversità. Io sono leggermente delicato in fatto di birre: se una determinata birra mi piace, la bevo più che volentieri, se non mi piace piuttosto bevo acqua (o, per essere sincero, mi butto su qualche cocktail o una Sambuca, che non mente mai). Le birre sono tante, e ovviamente non le conosco tutte. Quando devo assaggiare una birra nuova per il mio palato fra tante mi baso su varie cose per decidere quale. Certo che il fatto che affianco al nome sia scritto “strong” è un fattore spesso determinante. Per me, per la mia cultura, per come sono stato abituato al pub coi miei amici, “strong” è qualcosa di pregevole, attraente, un valore aggiunto. Invece gli americani (che già vanno matti per porcherie zuccherate, gasate e soprattutto analcoliche) hanno, invece che strong, la versione light di ogni birra. Inconcepibile! Ma se a loro piace così…
3. E poi c’è il football. Ah, il football! Il football è lo sport preferito in quasi tutto il mondo. Solo che il football che gli americani amano è decisamente diverso dal football che il resto del mondo ama.
Per chi non lo sapesse, il football americano è una specie di sport, il più diffuso negli States, ad alto contenuto spettacolare, dove in un campo rettangolare si formano accozzaglie subumane il cui scopo da una parte è quello della conquista territoriale, atta ad avvicinarsi sempre di più alla meta, il touch down, dall’altra ovviamente tenere il nemico il più lontano possibile, impedendogli di conquistare in massimo quattro tentativi un minimo di dieci yarde. Lo spettacolo consiste nella fisicità di questo sport. Da una parte si cerca con la forza di impedire l’avanzata avversaria e al quarterback il lancio, dall’altra si deve proteggere il quarterback dalle orde nemiche e, qualora fosse necessario aprirsi varchi con la forza (per spiegazioni più esatte andate su Wikipedia o in un qualsiasi altro sito di sport).
Ci sono delle cose del football che non riesco a spiegarmi, ad esempio il nome: perché football se si può usare il foot (cioè il piede) solo ogni tanto, e solo da parte di un giocatore per squadra?! Alcuni americani hanno provato a spiegarmelo così: I piedi si usano per correre. Ho risposto: Allora appendiamo una palla all’asta e chiamiamo football anche il salto in alto.
E poi ci sono quelle sottili differenze che però rendono i due football così diversi. Per esempio il tempo. Una partita di calcio dura 90 minuti più recupero, diciamo un centinaio di minuti effettivi, se aggiungiamo cinque minuti di prepartita con le squadre che scendono in campo, fanno la foto di rito e si scruta la formazione, l’intervallo e qualche altro minuto di post partita in cui l’arbitro prende solitamente le botte, nel giro di un paio d’ore lo spettacolo è iniziato e finito.
Una partita di football americano dura 60 minuti di gioco semi effettivo. Per vedere l’unica partita che ho visto per intero ci ho messo tre ore e mezzo, forse anche di più. Facendo quattro calcoli a spanne: un’ora di gioco, metti una mezz’ora fra replay e cambi di campo vari, rimangono due ore in cui in campo le cheerleaders facevano qualche balletto o qualche numero, mentre io da casa (di un altro) mi sono sorbito solo tanta pubblicità.
Ma d’altra parte agli americani piace questa fusione fra sport e apprendimento.
Un’altra cosa che agli americani piace fare è esultare: esultano per qualsiasi evento, e per esultare non intendo un’approvazione pacata, intendo urla e schiamazzi. Tipo quando nel calcio si segna un gol. Solo che loro esultano per un first down (cioè l’aver guadagnato le famose 10 yarde) nella propria metà campo. Un po’ come se noi esultassimo per un calcio di punizione in difesa.
Infine c’è il fatto delle giovanili: in Italia abbiamo un campionato Primavera che non caga nessuno, in America un campionato con le selezioni dei migliori giocatori delle università e dei college di ogni stato, un campionato che è seguito tanto quanto quello professionista, esultanze rumorose e immotivate comprese. Sto provando a pensare al parallelo italiano, ma non mi ci vedo a fare tutto quel casino per un calcio di punizione in difesa guadagnato al 20′ del primo tempo dall’Inter Primavera.

a + r = 25

Scrivo questo post ma sono troppo eccitato e non so da dove cominciare.
Comincio dal nuovissimo Teorema della Guinness appena pronunciato secondo cui a + r dà 25 (euro).
25 (venticinque) euro per andare e tornare da Dublino con Ryanair, venticinque euro e sei lì, a Temple Bar, a bere la birra più buona del mondo nel punto del mondo in cui il suo gusto sfiora il divino.
Troppo bello per essere vero, dico sabato pomeriggio in chat con Valeria. Lascio perdere perché ci vado a fare cosa in Irlanda a gennaio da solo al freddo e al gelo? Ne parlo quasi per sbaglio con qualche amico sabato sera al ristorante e la Sefora (che ama la buona birra quanto e forse più di me) mi si illumina d’immenso, guarda suo marito implorando con gli occhi "Andiamo?" e lui "Ovvio che ci andiamo!", e così decidiamo di andarci tutti. 25 euro, due sere, e chi se ne frega. Ci diamo conferma domenica. Chiedo anche alla Silvia se vuole venire con Icio e la Francy: certo che vuole venire! Chiedo alla Valeria: c’è anche lei. Siamo in tredici da qua più mio fratello da Londra, ma lui si arrangia.
OK, ragazzi, ora si tratta "solo" di comprare sti biglietti.
No go schei! 😐 25 x 13 = 325, 325 euro, e chi ce li ha? Mamma, ce li hai 325 euro nel conto corrente? Seeee va là! Io? Sì, io sì (ma solo perché ho appena preso busta), ma la carta di credito ricaricabile Visa Electron (così si risparmiano 5 euro… che sparagnin!) è legata al conto corrente suo. Vabbè, che problema c’è? Basta andare in centro, prelevare 325 euro dal mio conto, versarli nel suo tramite lo sportello automatico dei versamenti, andare a casa, effettuare la ricarica della carta e comprare i biglietti sperando che non abbiano alzato i prezzi (perché, n.b., mi è già successo una volta di guardare la mattina e c’era un prezzo e il pomeriggio quando mi sono appropinquato a comprarli erano aumentati di 30 euro) perché se no salta tutto, che cavolo!
E invece no. I versamenti non funzionano. Funzionano sempre, quando non servono, ora che ne ho disperato bisogno (disperato? Sarò mica alcolizzato?!?!) invece non vanno. Porca miseria! Mamma, domani mattina va in banca, per favore, va in banca e e versa sti benedetti soldi che ho troppa caga che mi tirino su il prezzo stasera, figurati domani.
Mattina di oggi porto la carta di credito a lavoro, non si sa mai. Mamma spicciati con la banca… sto in ansia due ore e poi mi contatta su gTalk e mi fa: "Carta di credito non attiva" "Coooooosa?!?!?!" "Il servizio telefonico dice che non è attiva" "Mamma sei già andata in banca?" "No" "Filaaaaaaa!" Mamma parte per la banca. Passano le ore, giorni, mesi anni generazioni secoli millenni ere geologiche… Non nella sede centrale a Roma, mamma, va bene anche l’agenzia qui in centro!!!
E poi, finalmente, quando i capelli mi sono diventati tutti bianchi e con la barba pulisco il pavimento, "Sono tornata dalla banca, la carta è attiva" "Ricaricata?" "No" "…" Comincia a crescermi l’edera su per le gambe. "Fatto" Evvai! Ora sito di Ryanair e preghiamo in samoano che che non abbiano alzato quei prezzi.
A + R, Treviso, Dublino, 28 gennaio 2009, 30 gennaio 2009, Adulti: 11, Minori di 16 anni: 2. Invia. 315,51. Cosa vuol dire? Prendi la calcolatrice, 315, 51 diviso 13 quanto fa? 24,27. Non ci credo. Rifaccio. Prova del nove. Prova del dieci. Prova dell’undici. 24,27. 24,27 < 25 euro, giusto? Ci siamo? Invia. Scrivo i nomi, tredici nomi uno in fila all’altro. Check-in on line. Assicurazione di viaggio non richiesta. Invia. Dati della carta di credito. Invia. Si prega di attendere, potrebbero passare 45 secondi.
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5
Dai non ci ha mai messo così tanto.
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45
Ti prego funziona funziona funziona…
92
144
422
"Allora, ci sei riucito", fa mia mamma.
2.018
6.124
16.002
"Attendo conferma"
99.556
13.456.328
CONFERMATA
Evvai, non ci posso credere! Ce l’ho fatta! Ce l’abbiamo fatta! Guinness, arriviamoooooooo!!!

Musicanti in London VII

Ho sempre ammirato, per non dire amato, i musici che si incontrano nelle stazioni o per le strade delle grandi città. Uno dei miei sogni per quando sarò grande è quello di girare il mondo con il mio violino e vivere dei soldi che la gente getta nel mio cappello (sogno irrealizzabile perché col violino sono una frana, chiamiamolo piuttosto un’ispirazione pittoresca per il futuro di un altro me).
Solo che ultimamente anche loro si stanno allineando al decadimento della musica più popolare (che sarebbe, per intendersi, quella delle multinazionali). Ricordo con nostalgia che un tempo si incontravano suonatori di violino, arpa, fisarmonica, clavicembalo a fiato, e chi suonava la chitarra arrangiava virtuosismi o lo faceva per accompagnarsi in una canzone cantata con viva voce. Ora si sono modernizzati e quasi tutti usano metodi di amplificazione elettronici e, ahimè, basi musicali in cui confondere il proprio strumento, cosa che mi fa passare del tutto la voglia di lasciare qualche p nel loro cappello.
Le pochezze peggiori però le ho sentite ieri: un chitarrista ha attaccato non la base ma direttamente l’originale di una canzone dei Beatles (con tanto di voci dei Beatles), tanto che mi chiedo se la chitarra dello sprovveduto suonasse veramente.
E, cosa ancor più terribile, mi sono imbattuto in un musicante che suonava (su una base) con il metronomo attaccato. Nauseato e allibito, ho cercato di ignorarlo brutalmente andandomene via di fretta e senza dedicargli nemmeno uno sguardo, ma quando è finita la canzone ho sentito (squallore!!!) i tac tac tac tac ritmici del metronomo raggiungermi e disperdersi desolati tra in cunicoli del Tube.
Lì quasi mi veniva da piangere 🙁

Il bello del calcio è tifare

Il bello del calcio è tifare. Ovviamente al primo posto c’è l’Inter, ma è quasi inevitabile che in una partita che non riguarda l’Inter tifi la squadra che mi sta più simpatica, quella che gioca meglio o semplicemente quella che ha la maglietta più carina. A questo naturalmente fa eccezione Juventus – Milan, in questo caso tifo per gli alieni o prego che un asteroide piombi in mezzo allo stadio.
Sabato pomeriggio io e Simone ci siamo infiltrati fra i tifosi del QPR (Queen’s Park Rangers, per chi non lo sapesse (una squadra di Championship, per chi non lo sapesse (che sarebbe la “Serie B” inglese, per chi non lo sapesse))) prima nel pub dei tifosi (vietato l’ingresso a chi non ha il biglietto per la partita), dove abbiamo fatto la conoscenza di un vecchio zoppo che mostrava a chiunque gli passasse vicino un miglio i suoi due bicchieri da mezza pinta, uno contenente birra e uno contenente whiskey (inutile dirlo: era stracarico), e raccontava di saper dire “Sei bella” in sixteen different languages (fra le quali probabilmente il normanno occipitale inferiore e la lingua degli alieni di cui sopra), poi allo stadio, Loftus Road, settore X, riga Q, posti 186 e 187.
Del QPR sapevo solo che esiste, che è di Londra, che ha la maglia a strisce orizzontali bianche e blu (bellina) e che è di proprietà di Ecclestone e Briatore (i quali, a giudicare da come gioca, potrebbero anche ingegnarsi di spendere qualche soldino in più). Di colpo ci siamo ritrovati a tifare ed esultare per il gol di una squadra da sempre nel limbo della nostra più totale indifferenza, nel quale probabilmente rimarrà per le prossime dodici ere glaciali.
Ma il bello del calcio è che (quasi) ogni partita in un modo o nell’altro ti fa battere il cuore.

(Per la cronaca, abbiamo vinto 1 – 0 contro un Cardiff City per settanta minuti in dieci che ha giocato peggio di noi (ma noi chi?!?!))

Alluci-Microsoft

La posta su hotmail non l’ho mai usata, ma purtroppo spesso mi arrivano messaggi in questa casella perché il mio account MSN si appoggiava a quell’indirizzo. Qualche giorno fa ho scritto un messaggio a tutti gli amici chiedendo di eliminare dalla loro vita quell’indirizzo email e ho ricreato un nuovo account con una casella di posta che mi garba di più.
Stasera ho avuto l’ispirazione di andare comunque a vedere se qualche sventurato ha osato ancora scrivere sulla casella hotmail, quand’ecco che mi sono imbattuto in una schermata variopinta che annuncia leggere modifiche all’aspetto della mia Posta in arrivo. Non che me ne freghi più di tanto, dato che è Microsoft e di conseguenza la odio. Ma vado a leggere e fra le note in piccolo a fondo pagina qualche dipendente allucinato ha scritto sta roba qua:
Lo spazio di archiviazione di Windows Live Hotmail è stato progettato per crescere insieme a te, a ritmi ragionevoli. Ciò significa che lo spazio a disposizione è tantissimo, a meno che tu non desideri improvvisamente archiviare tutto il pianeta Giove su Hotmail. In questo caso riceverai un messaggio in cui ti verrà chiesto cortesemente di non provare a archiviare pianeti su Windows Live Hotmail (sebbene l’archiviazione graduale di lune e asteroidi sia consentita).
Incommentabile, anche perché la Microsfott non ha mai avuto senso dell’umorismo se non per prendere in giro se stessa nei vari messaggi durante l’installazione dei sistemi operativi.

Domani parto per London VII (niente di strano, è solo a indicare che vado per la settima volta a Londra), cinque giorni senza la benedizione del mio capo (ma me ne farò una ragione, francamente). Ho comprato il k-way super impermeabile di materiale tecnico del valore commerciale di 90 euro (ma comprato a 30 perché sarebbe estivo e siamo a novembre (ma l’ho comprato a fine ottobre, a essere sincero)) quindi sono teoricamente a prova di pioggia. E siccome a Londra pioverà sicuramente, sono eccitato all’idea di testarlo e finalmente indossare qualcosa che funzioni.
Insomma, sto impermeabile sta diventando la mia ragione di vita… staremo a vedere… Buon viaggio, Giosp!

Che velocità (ma quale velocità?!)

Una strada tortuosa, stretta, buche ogni dove che si riempiono d’acqua. Curve cieche salgono e scendono irregolarmente. Sui lati, dove l’asfalto è delimitato da una linea tratteggiata gialla, subito si inerpicano dei muri di pietra e piante verdi. E lì, su una banchina inesistente, ogni tanto un segnale tondo, bianco bordato di rosso, con una scritta: 100 km/h.
Come se fosse (nonostante la strada sia pressoché deserta) solo pensabile andare a 100 chilometri orari in una strada del genere.
Signore e signori, ladies and gentlemen, questa è l’Irlanda. (E se avessi fatto una foto di queste strade con quei segnali, l’avrei postata).
Il fatto è che gli irlandesi, anche potendo andare veloci, sono tranquilli. Non hanno fretta di niente. E questa è una cosa che amo.

La prima canzone dei Matrioska che ho mai sentito si intitolava appunto Che velocità. Non parlava di macchine, non parlava di strade né larghe né strette, non parlava di Irlanda. Però il titolo si intona. Li sto riascoltando in questo periodo e sto notando (o rinotando) il loro percorso di “maturazione”. È una parola che non ho mai capito. Tipo gli 883, che sono “maturati”. Sì, nel senso che sono diventati marci… Che belli che erano i primi album, in confronto agli ultimi fru fru fru gne gne gne di Max Pezzali! Ma vuoi mettere Non me la menare? Te la tiri? Lasciati toccare? Rotta per casa di Dio?
Vabbè, i Matrioska si sono evoluti, questo sì. E continuano a piacermi, dal primo album all’ultimo. Però un po’ alla volta il loro ska è andato scemando, come in un processo di sintesi simbiotico-economica. E ora, nel 2008, anche il nome MatrioSKA perde il suo significato. Così come il suo stile.
Peccato.

Domani ascolterò il loro album live stando attento a non superare i 70 su tre autovelox.
Mi chiedo se in Irlanda quei limiti li abbiano messi per risparmiare sulle pattuglie dei vigili urbani. Se è un paese ricco ci saranno delle ragioni…

Esserci

Domani Irlanda. Finalmente, aggiungerei. Peccato che, per quanto si possa stare lì, è sempre troppo poco.
Soprattutto se sono quattro miseri giorni.
Ma poco è comunque meglio di mai.
Oggi ho preparato il mio bagaglio: cinque minuti netti. Questo perché me la sono presa comodissima e ho impiegato tre minuti e mezzo a cercare una mappa che si era nascosta sotto un cuscino sperso.

Comunque, Irlanda o no, ogni volta (e fortunatamente non capita molto spesso) che passo su Badoo (Io ci sono™) mi si presentano le foto di due greggi di pecoroni tutti uguali adagiati alle feccio-mode del 2008: il primo è quello degli emo lastrati di gel e trucco, il secondo quello dei truzzi fighetti con agli occhi fanali da sole.
Osceni.

Vederli mi mette una tristezza incredibile. Solo che, invece di suicidarmi, penso a me e mi dico che è un piacere in più, per me, non esserci.

Buon viaggio a tutti, comunque.

L’è gol!

Finalmente sono cominciati gli Europei, ma ho perso il primo gol per colpa della mia compagna di viaggio in Irlanda, che è venuta, in piena crisi ansiogena claustrofobica pre-viaggium, a chiedermi se in Irlanda deve portare l’ombrello.
“Ce l’hai il K-way?”
“Me l’ha regalato la Valeria”
“E allora che te ne fai dell’ombrello?”
“Ma neanche piccolo piccolo?”
“…”
E poi che scarpe deve portare (“Se hanno la suola è meglio”), cosa mettere dentro la valigia (“Vedi te se è meglio portare i pasticcini o i vestiti”)… e poi se deve portare il trolley, e poi e poi e poi… BASTAAAAAAAA!!!
Sito mai stà in volta fora de casa? Cosa vuto portarte par quatro dì de vacansa?! L’armadio?!
Fra l’altro avevo il volume della TV a zero perché stavo ascoltando la radiocronaca della Gialappa’s con l’iPod, a sentir ste boiate del gol proprio non me ne sono accorto.

Insomma, Portogallo e Turchia, pur anch’esse senza gol dopo il primo tempo, hanno certo dato più spettacolo che Svizzera e Repubblica Ceca e, nonostante i turchi siano nettamente inferiori alla squadra di Cristiano Ronaldo, faccio fatica a immaginare una delle altre due formazioni ai quarti di finale. Certo, la Svizzera è padrona di casa, ma… boh, forse il calcio da loro è un altro sport.

Però vai in giro per Londra a Soho il sabato sera e se vedi qualcuno con l’ombrello novanta su cento è italiano. Dai, non facciamoci sempre riconoscere!